È necessario consolidare un’interpretazione costituzionalmente orientata della nuova disciplina del processo in Cassazione
In base alla nuova disciplina del comma 1 dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore può proporre al Presidente della Sesta Sezione di tenere l’adunanza in camera di consiglio, senza dover più depositare in Cancelleria una propria “relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare la relativa pronuncia”.
Il Presidente in tal caso si limita a fissare l’adunanza “indicando se è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso”.
In base al nuovo comma 2 dell’art. 380 bis, il decreto di fissazione dell’adunanza – con la mera indicazione che è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta infondatezza del ricorso – è notificato almeno 20 giorni prima della data stabilita per l’adunanza “agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima”.
Nonostante il tenore testuale della nuova norma, si impone un’interpretazione costituzionalmente orientata in base alla quale il decreto deve consentire alle parti di comprendere i motivi per cui nella specie “è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso”.
Qualora non fosse possibile l’interpretazione secondo Costituzione, sarebbe evidente il contrasto con l’art. 111, comma 6, Cost., che impone che “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”, nonché con i fondamentali principi del contraddittorio e del diritto di difesa sancito dagli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.: le parti, infatti, (non solamente il contribuente, ma anche l’A.F.) non sarebbero poste nella condizione di potersi difendere effettivamente, e sarebbero costrette a formulare delle memorie “al buio”, su tutti i punti immaginabili (con evidente vulnus anche alla sinteticità degli atti e al principio di economia processuale).
Principi, questi ultimi, che hanno tra l’altro portato a prevedere – in un caso che può a ragione ritenersi assimilabile a quello qui in esame – nel comma terzo dell’art. 384 cpc che la Corte, “se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio”, deve riservarsi la decisione assegnando al p.m. e alle parti termine per il deposito di osservazioni.
In relazione alle prime applicazioni della disciplina, gli associati all’Uncat hanno segnalato un caso di decreto privo di motivazione, ed un caso di decreto contenente una sintetica ma adeguata motivazione.
Uncat auspica che l’interpretazione costituzionalmente orientata sia recepita da un nuovo protocollo – sul modello di quello del 17 dicembre 2015 – tra la Suprema Corte di Cassazione ed il CNF, che stabilisca una prassi virtuosa e rispettosa dei principi costituzionali sopra menzionati, evitando un contenzioso innanzi alla Corte Costituzionale che potrebbe solo procrastinare l’adeguamento della disciplina alla Carta costituzionale.