di Umberto Santi

Una ricostruzione sistematica

In commento ad una non condivisibile giurisprudenza tributaria di merito


Di seguito potete scaricare l’articolo “Sulla prova della notifica via PEC nel PTT” (processo tributario telematico) e le sentenze citate nel testo dell’Avv. Umberto Santi (*):


Alcune sentenze tributarie di merito del 2020 hanno stabilito l’inammissibilità del ricorso tributario telematico, qualora in giudizio la prova della notifica via PEC a controparte dell’atto introduttivo sia fornita con il deposito telematico delle «copie per immagine delle copie su supporto cartaceo di una ricevuta di accettazione e di una ricevuta consegna senza allegare l’impossibilità di depositare telematicamente i relativi originali o duplicati informatici e nemmeno attestare la conformità delle copie depositate ai relativi originali» [1].

Tale interpretazione non a caso appare [2] resa con sentenze “a sorpresa”, nulle per violazione dell’art. 1012 c.p.c.

Tale orientamento sulla prova della notifica via PEC nel PTT, in primo luogo deriva da forzature che paiono dirette solamente allo smaltimento “forzato” del contenzioso [3]: per es. si pretende (senza il minimo approfondimento) di “traslare” l’inammissibilità prevista nel rito ordinario per il caso del mancato deposito di “fotocopia della ricevuta” (art. 22, comma 1, D. L.vo 546/92) al caso ben diverso in cui nel PTT un deposito sostanzialmente equivalente invece vi sia e addirittura avvenga con apposizione della firma digitale del difensore. Ancora, si ignora completamente che nella normativa alla quale il PTT rinvia è posta in via generale per ogni violazione – ivi comprese quelle sulla forma delle ricevute di notifica prodotte in giudizio – la sanzione della nullità (la quale è sanabile per raggiungimento dello scopo …) e non quella della inammissibilità. Ancora, si pretende di imporre al difensore (sotto sanzione di inammissibilità) l’utilizzo di formati di files non rientranti tra quelli consentiti nella disciplina del PTT, e addirittura si stigmatizza che il difensore non abbia reso una motivazione circa il mancato utilizzo di tali formati che la disciplina del PTT non prevede: il difensore è censurato per non aver spiegato perché non ha trasgredito alle norme tecniche vigenti.

Una piana lettura delle norme – come integrate dal duplice rinvio che esse espressamente prevedono – porta invece a conclusioni diametralmente opposte.

Ma, in secondo luogo, e soprattutto, sono gravemente violati i fondamentali principi eurounitari, costituzionali e del nostro ordinamento processuale, nel tentativo di imporre la prevalenza di un preteso formalismo giuridico – peraltro contra legem, perché frutto di norme interpretate al contrario – sulla sostanza (sostanza che invece trova rigorosa tutela anche nelle minuziose norme tecniche e nella catena di rinvii).

Sono infatti frontalmente violati:

  • il principio fondamentale della principale norma eurounitaria in tema di telematica – il Regolamento eIDAS -, cioè il principio di non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti cartacei;
  • il principio del giusto processo ed il corollario equilibrio tra l’esigenza di porre regole di accesso alle impugnazioni e l’esigenza di un equo processo: art. 6 CEDU, artt. 47 e 54 della Carta di Nizza, art. 111 Cost.;
  • diritto di difesa
  • diritto al contraddittorio.

[1] Ctp Napoli, Sez. I, 7.11.2019, n. 11657/’19. Sostanzialmente analoghe le altre due sentenze in commento, Ctp Napoli, Sez. I, 13.2.2020, n. 1941/’20; e Ctp Napoli, Sez. IX, 26.5.2020, n. 3606.

[2] Almeno tale appare dalla parte in fatto delle sentenze medesime.

[3] Singolarmente, sono tutte rese in giudizi relativi all’impugnazione di cartelle di pagamento.


(*) Versione 4 agosto 2020 con citazione di CTP Salerno, Sez. IX, 20 dicembre 2017, n. 5995: in fine del par. I, e poi in fine del par. VII ed in nota 13.