Res iudicata facit de albo nigrum. E non solo.
di Piero Bellante
Sentenza della Suprema Corte: Cass pen Sez 3 2016 n 2224
Nota a sentenza dell’avv. Piero Bellante: Res iudicata facit de albo nigrum
La Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con sentenza n. 2224 del 19 novembre 2015, depositata il 20
gennaio 2016, ha respinto il ricorso proposto avverso il rigetto dell’istanza di riesame, relativo ad una
fattispecie del 2015, applicando ad essa l’art. 719 del Codice doganale comunitario.
Tutto bene. Al commentatore non resta ora che soffermarsi su un piccolo dettaglio: il fatto è stato
commesso nel luglio del 2015. L’art. 719 del Codice doganale, norma sulla base della quale tutti i giudici che
si sono occupati del caso hanno ritenuto sussistere il reato di contrabbando, è stato abrogato dal Reg. CEE
993/2001 (cfr. art. 277-bis, n. 28, reg. cit.). All’epoca del fatto era in vigore, da circa 15 anni, il regime
introdotto da quest’ultimo regolamento che ha novellato gli articoli da 558 a 562 delle Disposizioni di
applicazione del Codice doganale. Le modifiche sono in vigore dal 4 giugno 2001. Nelle nuove norme sono
scomparsi i riferimenti ai familiari e ai gradi di parentela e sono state semplificate alcune condizioni; per
quanto riguarda i conducenti non residenti, l’unico requisito rimasto è quello temporale (utilizzo non oltre
sei mesi dall’introduzione del veicolo nel territorio dell’Unione). Non si parla di delega e di presenza
contestuale del proprietario.
Ecco un caso in cui Res iudicata non solo facit de albo nigrum, ma addirittura fa resuscitare il caro estinto.
Con buona pace dell’imputato e del proprietario del veicolo sequestrato.